CAFFEINA
Una tazzina di caffè è per noi italiani un’abitudine a cui difficilmente possiamo rinunciare. Ma è veramente salutare? E lo è per tutti?
La caffeina è una sostanza naturale di origine vegetale (un alcaloide), che si trova in diverse piante come i chicchi di caffé e i semi di cacao, le foglie di tè, le bacche di guaranà e le noci di cola, e che viene utilizzata in barrette dietetiche e bevande energizzanti, prodotti erboristici analgesici, cosmetici anticellulite,nonché in molti altre specialità farmaceutiche acquistabili senza ricetta medica. Agisce come pesticida naturale, proteggendo le piante dagli insetti che si nutrono di loro. La caffeina fu identificata per la prima volta nel caffè nel 1820 da un giovane medico tedesco: Ferdinand Runge. Secondo un’antica leggenda furono i monaci sufisti dello Yemen i primi a scoprire nel XV sec. gli effetti delle bevande contenenti caffeina per tenersi svegli durante le ore di preghiera. Da allora la pausa per il caffè è diventata un’abitudine per svegliarsi e ricaricare le pile.
Metabolismo della caffeina
La caffeina è bene assorbita per via orale e livelli significativi della sostanza si rinvengono nel plasma nei 30 minuti successivi alla sua assunzione, mentre il picco plasmatico si raggiunge dopo due ore dall’inizio dell’assorbimento, che si completa nell’arco di 90 minuti (Blanchard and Sawers, 1983). La caffeina ha un volume apparente di distribuzione (Vd) di circa 1.06 l/kg (Lelo et al., 1986), il che implica una sua ripartizione uniforme in tutta l’acqua corporea, tanto che la caffeina, dopo assorbimento completo, si ritrova in concentrazioni simili in tutti i distretti dell’organismo, compreso l’encefalo. La caffeina, inoltre, è in grado di attraversare liberamente la placenta e di pervenire al feto, nonchè di accumularsi nel latte materno (Oo et al., 1995). La caffeina subisce un esteso metabolismo epatico di primo passaggio, come dimostrato dal fatto che solamente il 10% del farmaco perviene ai reni senza aver subito modificazioni (Butler et al., 1989). L’emivita plasmatica della caffeina è di circa 3-5 ore con valori variabili a seconda del soggetto considerato. Un elevato valore di emivita plasmatica è, infatti, riscontrabile nei bambini (Pons et al., 1988), verosimilmente a causa dello sviluppo incompleto degli enzimi metabolici epatici, e nelle donne in stato di gravidanza, dove esiste un equilibrio di distribuzione con il feto (Khanna and Somani, 1984). La gravidanza rallenta il tempo nel quale la caffeina viene metabolizzata e una donna incinta di solito mantiene valori di caffeina per un tempo più lungo. Al contrario, l’emivita plasmatica della caffeina è ridotta nei fumatori, poichè i prodotti di combustione del tabacco inducono gli enzimi epatici che metabolizzano le xantine (Zevin and Benowitz, 1999). La capacità della caffeina di aumentare la soglia di allerta e di sostenere l’attenzione più a lungo è stata ben documentata, e il suo principale modo di agire come stimolante del sistema nervoso centrale è dato dalla sua azione di antagonista dell’adenosina. L’adenosina è una sostanza chimica, prodotta in modo naturale, che agisce da messaggero nella regolazione dell’attività cerebrale modulando lo stato di veglia e di sonno (è un “segnale di stanchezza”). La caffeina blocca i recettori per l’adenosina presenti nel tessuto nervoso, in particolare nel cervello, mantenendo lo stato di veglia. Attraverso questo meccanismo la caffeina può potenziare la capacità di realizzare uno sforzo fisico e mentale, prima che si presenti la stanchezza. Il blocco di recettori dell’adenosina può inoltre essere responsabile della costrizione dei vasi sanguigni, che allevia la pressione dell’emicrania e del mal di testa, e spiega perché molti analgesici contengono caffeina. Ulteriori funzioni dimostrate sono :aumento della sintesi acida a livello gastrico, aumento della diuresi e, se applicata sulla cute tramite cosmetici specifici (creme, gel e patch), risulta utile nel trattamento delle adiposità localizzate. Come poche altre sostanze inoltre, ha la capacità di passare rapidamente la barriera emato-encefalica, nonché di attraversare la placenta ed essere presente nel latte materno. La caffeina è anche un inibitore della cAMP-PDE (AMP ciclico fosfodiesterasi) che converte il cAMP (adenosinmonofosfato ciclico) nella sua forma aciclica (cAMP –> AMP). Poiché il cAMP è secondo messaggero per l’azione dell’adrenalina, ridurre l’attività della fosfodiesterasi significa prolungare l’effetto di adrenalina/epinefrina e sostanze simili come anfetamina, metanfetamina e metilfenidato .
Caffeina e Salute
La risposta all’assunzione di caffeina è comunque estremamente variabile da persona a persona, e in passato numerose ricerche hanno dimostrato che questa variabilità ha in buona parte delle basi genetiche. In un articolo pubblicato sulla rivista Psychopharmacology viene presentata una rassegna delle principali scoperte fatte negli ultimi anni per quanto riguarda le relazioni tra DNA e consumo/effetti della caffeina. E’ stata esaminata gran parte della letteratura scientifica sull’argomento, che ha permesso di evidenziare quanta genetica ci sia realmente dietro al nostro rapporto con la caffeina, oltre a ricordare tutte le varianti genetiche associate alla risposta a questo alcaloide, nel breve e nel lungo periodo.
Il modo in cui rispondiamo alla caffeina è davvero scritto nei nostri geni? Beh, sembrerebbe proprio di sì. Per valutare quanto una caratteristica sia dipendente dal DNA e non, ad esempio, da fattori ambientali, vengono realizzati i cosiddetti twin studies, ossia delle ricerche dove vengono messe a confronto coppie di gemelli monozigoti con coppie di gemelli eterozigoti: il vantaggio è che all’interno di entrambe le coppie l’influenza ambientale è la stessa, ma soltanto i monozigoti sono identici anche nel patrimonio genetico. Applicando a questi studi dei modelli matematici, è possibile calcolare l’ereditabilità di un certo tratto, ad esempio la risposta alla caffeina: è un valore che va da 0 a 1 ed è un buon indicatore di quanto la variabilità che si osserva per quel particolare comportamento è spiegabile geneticamente. Ebbene, tutti gli studi effettuati nel corso degli ultimi anni concordano nell’assegnare un valore di ereditabilità medio-alto (compreso tra 0,30 e 0,60) a diversi tratti legati alla caffeina, come ad esempio il consumo giornaliero, la tossicità, la tolleranza, le crisi di astinenza e l’insonnia. Addirittura, il consumo particolarmente elevato di caffeina ha mostrato un valore di ereditabilità pari a 0,77: i bevitori di caffè più accaniti (più di 625 milligrammi al giorno) sembrerebbero quindi subire l’influenza genetica molto più dei consumatori moderati.
Una volta appurato che il modo in cui la caffeina produce i suoi effetti sull’organismo è dipendente in gran parte dal codice genetico, sono stati presi in esame i singoli geni, per trovare quelli che, variando, possono modificare questi effetti. L’isoenzima 1A2 del citocromo P-450 è uno di questi. Ha il compito di metabolizzare la caffeina, trasformandola in dimetilxantina: in questo modo, la molecola viene smaltita. Il gene che codifica per questo enzima, CYP1A2, presenta sulla sua sequenza un polimorfismo importante, cioè un punto di variazione dove una base azotata piuttosto che un’altra possono fare la differenza.Una sostituzione di una C al posto di una A (CYP1A2*1F) in posizione -163 del gene CYP1A2, diminuisce l’attività enzimatica alterando il metabolismo della caffeina. I portatori dell’allele CYP1A2*1A (-163A) sono dei metabolizzatori “rapidi”, mentre gli individui omozigoti per la variante CYP1A2*1F sono dei metabolizzatori “lenti”. Il protrarsi nel circolo sanguigno della caffeina prolunga tutti gli effetti psicostimolanti della sostanza (tachicardia, tremore, insonnia, ansia e vampate di calore) e aumenta il rischio di infarto al miocardio. E’ stato osservato, ad esempio, che fumatori con genotipo A/A (vale a dire che in quella posizione hanno una A sia nell’allele paterno che nell’allele materno) sono in grado di metabolizzare la caffeina molto più velocemente. Se invece andiamo a guardare gli effetti della caffeina sul lungo termine, pare che i genotipi C/C siano i più propensi ad avere infarti non fatali, in seguito al consumo di caffeina. In particolare, in un importante studio del 2006 pubblicato nel Journal of the American Medical Association , Cornelis et al. hanno monitorato circa 4000 individui di cui 2000 reduci da infarto del miocardio; considerando altri fattori variabili come il consumo del cibo, l’attività fisica o lo stato socio economico, la loro ricerca ha evidenziato come le persone a metabolizzazione lenta di caffeina secondo il gene CYP1A2, erano associate ad un alto rischio di infarto , rischio che aumenta, anche in base al numero di tazzine consumate. Il pericolo di infarto cresce del 36% nei metabolizzatori lenti che bevono due o tre tazze di caffè al giorno”, concludono i ricercatori, e si arriva fino al 64% per i forti consumatori di caffè, ossia coloro che ne consumano quattro o più tazze al dì. E il rischio è doppio se di età inferiore a 59 anni, quadruplo se minori di 50″. Al contrario, chi ha la versione del gene associata a rapido metabolismo della caffeina risulta protetto dal rischio infarto, sempre che non si abusi di caffè. Inoltre nell’Aprile del 2005 Sata et al. hanno pubblicato una studio sul Journal of Molecular Human Reproduction,nel quale si metteva in relazione la caffeina con la fertilità e la gravidanza. Questo studio ha dimostrato che le donne con il gene codificante il metabolismo lento per caffeina hanno un rischio maggiore di abortire e di ridurre la fertilità se consumano da una a tre tazze di caffè al giorno,mentre le donne a metabolizzazione veloce non corrono questi rischi pur consumando le stesse quantità di caffè. Altri polimorfismi interessanti sono stati individuati nei geni codificanti per i recettori di adenosina e dopamina, entrambi coinvolti nella risposta alla caffeina: si è visto che particolari genotipi possono provocare più facilmente stati di ansia nel consumatore, mentre altri sono legati ai disturbi del sonno. La risposta alla caffeina è legata a doppio filo con alcune patologie neurodegenerative: lo stesso recettore per l’adenosina è associato ad esempio al morbo di Parkinson e alla malattia di Huntington. Comprendere le modalità attraverso cui il nostro DNA ci rende più o meno sensibili agli effetti della caffeina ci aiuterà probabilmente anche a studiare nuove cure per queste malattie.
GENETICA
La caffeina è metabolizzata nell’organismo dall’enzima Citocromo p450 1A2 (CYP1A2).
Il citocromo CYP1A2, uno dei membri della famiglia dei citocromi P-450, è un enzima del fegato altamente polimorfico ed e’ responsabile del metabolismo di circa il 5-10% dei farmaci attualmente in uso clinico, tra cui i più importanti sono alcune clozapine, imipramine, caffeine, fluvoxamine, paracetamolo, phenacetina, theophyllina e tacrine. CYP1A2 inoltre è coinvolto nell’attivazione metabolica di alcune amine aromatiche e quindi espleta un ruolo primario nella carcinogenesi da tossine chimiche, come quelle trovate nel fumo da sigaretta. Alcuni studi sul metabolismo CYP1A2-dipendente della caffeina o phenicetina hanno dimostrato che quest’enzima è espresso a vari livelli nel fegato tra differenti individui, suggerendo un controllo polimorfico dell’attivita’ enzimatica. Esiste una considerevole variabilità nell’attivita’ metabolica del CYP1A2 dovuta a fattori genetici, ambientali e ad interazioni tra farmaci. CYP1A2 puo’ essere sia indotto che inibito da molti farmaci e interazioni farmaco-cibo.
Test genetici e Polimorfismi investigati:
Esistono test genetici che consentono di rivelare se una persona è un metabolizzatore lento o veloce della caffeina. L’indagine genetica attualmente in uso consente di genotipizzare 3 alleli del gene CYP1A2, che rappresentano oltre il 98% delle varianti alleliche conosciute per questo gene. Sono due le varianti del gene che riguardano la metabolizzazione della caffeina nell’organismo. La variante allelica CYP1A2*1A codifica l’enzima che metabolizza la caffeina in maniera rapida, mentre l’allele CYP1A2*1F quello a metabolizzazione lenta. Gli individui che posseggono due copie dell’allele CYP1A2*1A sono metabolizzatori veloci della caffeina, mentre le persone che presentano anche solo un allele del CYP1A2*1F sono metabolizzatori lenti.
Genotipi risultanti dal test:
- Omozigote CYP1A2*1F Metabolizzatore lento
- Eterozigote CYP1A2*1F Metabolizzatore lento
- Omozigote CYP1A2*1A Metabolizzatore rapido
Gli individui che metabolizzano lentamente la caffeina devono monitorare la dose quotidiana. Se la consumano in maniera eccessiva infatti (più di 2 o 3 tazze di caffè o 200 mg di caffeina al giorno) possono avere effetti negativi sul loro organismo (tachicardia, tremore, insonnia, ansia e vampate di calore) incluso un aumentato rischio di infarto.
Chi deve utilizzare il test?
Tutti i grandi consumatori di caffè o di bevande,alimenti contenenti caffeina, chiunque voglia trarre vantaggio dai più recenti studi scientifici che indicano come migliorare sensibilmente lo stile di vita e mantenersi in buona salute, le donne con abortività ricorrente o problemi di infertilità i cui esami specialistici diagnostici a riguardo non hanno rilevato la causa.
CAFFEINA: COME MONITORARE LA DOSE
Contrariamente a quanto si crede, la quantità di caffeina non dipende dal volume di caffè bevuto. I dati medi di contenuto di caffeina sono: per una tazza o una lattina di tè circa 20-30 mg di caffeina, una di cioccolata 10 mg, una lattina di Coca-Cola normale, Diet o di Pepsi circa 40 mg e una Red Bull 80 mg. Il contenuto di caffeina in una tazza di caffè può dipendere da molti fattori, per esempio:
- a) il metodo di preparazione
- b) la miscela usata
- c) la quantità di caffè usata
Per quanto riguarda la miscela, una miscela robusta ha un contenuto 2,5 volte più alto di caffeina di una miscela arabica.
Contenuti di caffeina di alcune bevande o alimenti selezionati:
PRODOTTO | QUANTITÀ | CAFFEINA (mg) |
---|---|---|
Espresso | Una tazzina | 40 |
Caffè solubile | Una tazza | 95 |
Caffè “decaffeinato” | Una tazza | 5 |
Caffè americano | 100ml | 95-125 |
Caffè fatto con Moka | 35-50ml | 60-120 |
Tè Lipton | Una tazza | 40 |
Coca Cola | 1 lattina | 85 |
Cacao | 100g | 100mg |
Red Bull | 100ml | 30mg |
Rischi/Benefici
QUANTITÀ DI CAFFEINA ASSUNTA | RISCHI/BENEFICI PER I METABOLIZZATORI LENTI |
---|---|
1-2 tazze (200 mg) al giorno | Nessun aumento di rischio per infarto |
2-3 tazze (300 mg) al giorno | Aumento del rischio di infarto del 36% |
4 tazze o più al giorno | Aumento del rischio di infarto del 64% |
4 tazze o più al giorno per persone sotto i 50 anni | Rischio aumentato di 4 volte per infarto |
100 mg al giorno (donne) | Aumento del rischio aborti ricorrenti e di riduzione della fertilità |
QUANTITÀ DI CAFFEINA ASSUNTA | RISCHI/BENEFICI PER METABOLIZZATORI RAPIDI |
---|---|
2-3 tazze (300 mg)/al giorno | Diminuzione del rischio di infarto del 22% |
100 mg/al giorno (donne) | Nessun aumento di rischio di abortività |
“Gli uomini sono come il caffè. I migliori sono carichi, caldi e possono tenerti su tutta la notte.”
(Susan Savannah)