SOLFITI
Cosa sono i solfiti, dove si trovano e perchè è meglio evitarli
I Solfiti sono sostanze usate come conservanti fin dall’antichità; i Romani e gli antichi Egizi impiegavano il biossido di zolfo per ripulire dai batteri i tini in cui fermentava il vino. Tuttavia il loro utilizzo è divenuto imponente solo dal secolo scorso in concomitanza con le nuove esigenze alimentari dettate dallo sviluppo industriale. Solfiti e derivati vengono oggi utilizzati in grande quantità in numerosissimi cibi allo scopo di mantenere la loro colorazione naturale, impedire la crescita dei microrganismi, ottenere lo sbiancamento dove necessario e perfino nella produzione di cellophane per i cibi confezionati; ancora per prevenire la ruggine e le incrostazioni delle caldaie; sono inoltre utilizzati nei farmaci per prolungarne l’attività terapeutica. Possono quindi essere una fonte importante di solfiti: il vino e le bevande alcoliche, i prodotti da forno come il pane, i biscotti, i crackers, la frutta secca, le marmellate e le gelatine, gli sciroppi, i succhi di frutta, il pesce, i crostacei, i molluschi, gli hotdog, le conserve specie sottospirito, le patate e i prodotti derivati come patatine surgelate, purea, chips, le conserve di pomodoro, le caramelle, le merendine confezionate, alcuni farmaci.
Attenzione alle sigle sulle etichette dei cibi: E220, E221, E222, E223, E224, E225, E226, E227 indicano la presenza di solfiti o derivati nell’alimento.
Intolleranza da solfiti. Una persona può sviluppare sensibilità ai solfiti in qualsiasi momento della sua vita
Negli individui sani, alle dosi comunemente impiegate nell’industria alimentare, l’anidride solforosa è considerata un additivo sicuro; si tratta infatti di un composto naturale prodotto anche dal nostro organismo durante il metabolismo di alcuni amminoacidi e facilmente inattivato dai sistemi di detossificazione endogeni. Nonostante questa sicurezza d’uso l’anidride solforosa ed i solfiti possono arrecare problemi, talvolta gravi, alle persone predisposte. Il contatto dei solfiti alimentari con l’acidità gastrica genera una certa quantità di anidride solforosa che rappresenta uno dei gas più efficaci nell’indurre attacchi di broncospasmo nei soggetti sensibili. Sono particolarmente esposti al rischio di subire questo genere di reazioni anche le persone allergiche all’aspirina. In soggetti predispsosti, anche quantitativi modesti, possono scatenare serie conseguenze. Purtroppo è molto difficile stabilire quanti solfiti ingeriamo o inaliamo; per legge non è obbligatorio indicare la loro presenza se il quantitativo è inferiore a 10 mg al kg o litro. Secondo l’OMS il limite giornaliero totale di solfiti per l’organismo umano è, a seconda del peso, tra i 40 e i 60 mg al giorno ( 0.7 mg per KG di peso orporeo ). Occhio all’etichetta! Tutto ciò rende fondamentatle la conoscenza preventiva della tollerabilità o meno a questi conservanti.
Le conseguenze sulla nostra salute
Il consumo di solfiti è generalmente innocuo, eccetto per i soggetti allergici, asmatici o privi degli enzimi necessari a metabolizzarli. La Food and Drug Administration stima che una persona su 100 è sensibile ai solfiti ed il 5% di queste soffre di asma. Negli individui sensibili i solfiti possono: Causare reazioni allergiche ed allergie con manifestazioni respiratorie anche gravi come riniti, eczemi, asma, orticaria, dissenteria. Provocare alterazioni vitaminiche: l’anidride solforosa ed i solfiti distruggono la tiamina e la cianocobalamina (vit. del gruppo B: B1e B12). Appesantire il nostro sistema detossificante con conseguenti emicranie, anche intense. Interagire con farmaci cortisonici.
Un test genetico per scoprire l’intolleranza ai solfiti
E’ possibile testare la propria sensibilità ai solfiti attraverso un test genetico che analizza la presenza di mutazioni a carico di due geni coinvolti nell’attività di detossificazione dei solfiti:il gene SUOX (solfito ossidasi) ed il gene CBS. In caso di SUOX e CBS alterati andrebbero evitati, oltre ai cibi con solfiti, gli alimenti ricchi in zolfo, gli integratori come GSH, MSM, NAC, nonchè monitorati con molta cautela alcuni farmaci utilizzati come antipertensivi, antibiotici o chelanti. Il test non è invasivo o doloroso: prevede infatti il semplice prelievo di saliva.
Mal di testa da vino: responsabili i solfiti?
„Contiene solfiti”. Queste due semplici parole, riportate per legge sulle etichette di moltissimi vini, generano curiosità e preoccupazione. L’indicazione „contiene solfiti” non è un segnale di pericolo generico, ma un avviso per quelli che, a causa di intolleranza, devono evitare accuratamente l’assunzione di queste sostanze. L’avvertenza è necessaria perché, per qualche strana e sospetta normativa europea, il vino (come le altre bevande alcoliche) è escluso dal rigidissimo obbligo di indicare gli ingredienti sull’etichetta. In tutti gli altri prodotti contenenti SO2, l’etichetta parla da sé. Con il termine „solfiti” si intendono il diossido di zolfo (SO2, detto anche anidride solforosa) e i sali formatisi dall’acido solforico ovvero sodio solfito e potassio metasolfito. La SO2 è un componente naturale del vino. I microorganismi responsabili della fermentazione, i lieviti, ne producono una quantità che varia a seconda della specie e si ritrova poi nel prodotto finale. Tuttavia, la maggior parte dei solfiti presenti oggi nei vini non è prodotta durante la fermentazione, ma essi vengono aggiunti sotto forma di polveri in varie fasi del processo di vinificazione. L’anidride solforosa è un conservante ampiamente utilizzato nella vinificazione per le sue proprietà antiossidanti, antibatteriche e per la capacità di impedire l’ ulteriore fermentazione del vino che lo trasformerebbe in aceto ed assicurare il mantenimento delle caratteristiche tipiche del vino : corpo, colore (senza solfiti il vino bianco diventerebbe bruno) e profumo. La quantità di solfiti utilizzati nel vino è regolamentata in tutto il mondo. Nella UE i livelli massimi di biossido di zolfo che un vino può contenere sono in genere: 160 mg per il vino rosso; 210 mg per il vino bianco fermo; da 200 a 300 mg per i bianchi mossi e 400 mg per i vini dolci,sempre espressi per litro. I livelli permessi differiscono per un nonnulla negli Stati Uniti, in Australia e nel resto del mondo. Lasciando ossigenare il vino si elimina fino al 30-40% della SO2. Visto che i solfiti sono una componente naturale di qualsiasi vino, non esistono vini senza solfiti. Esistono però vini prodotti senza aggiunta di solfiti (che ne contengono fino a 10-15 volte di meno). Per quanto riguarda i vini biologici, il contenuto massimo ammesso di SO2 è solo di un terzo inferiore a quello dei vini normali, il che permette tranquillamente a chi li produce di utilizzare solfiti (cioè conservanti).